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Infatti la Corte dei Conti della Toscana esaminando il ricorso presentato in materia da un dirigente scolastico ha ravvisato un’eccezione di incostituzionalità, chiamando così in causa il giudizio della Corte Costituzionale.

Si ricorda che per gli anni 2023 e 2024 la rivalutazione annuale delle pensioni in adeguamento all’inflazione è stata riconosciuta appieno solamente agli assegni fino a 4 volte il minimo INPS per poi scendere gradualmente fino a quelli oltre 10 volte il minimo.

Tutto questo nonostante il forte parere contrario espresso dalle organizzazioni sindacali.

I pensionati non hanno gradito questa penalizzazione, protrattasi fra l’altro nel tempo, la quale ha ridotto di fatto il potere d’acquisto del trattamento pensionistico conseguito dopo anni di lavoro e contribuzione.

La Corte dei conti toscana nell’ordinanza rileva testualmente come : «La penalizzazione dei titolari di trattamenti pensionistici più elevati lede non solo l'aspettativa economica ma anche la stessa dignità del lavoratore in quiescenza» in «tale prospettiva la pensione più alta alla media non risulta considerata dal legislatore come il meritato riconoscimento per il maggiore impegno e capacità dimostrati durante la vita economicamente attiva, ma alla stregua di un mero privilegio, sacrificabile anche in un'asserita ottica dell'equità intergenerazionale».

In buona sostanza secondo il giudice contabile il taglio deciso sarebbe lesivo degli articoli 36 e 38 della Costituzione, dove appunto si affermano il principio della retribuzione proporzionata e  la funzione propriamente previdenziale dei trattamenti pensionistici.

Se il giudizio dovesse dare ragione ai pensionati il Governo potrebbe trovarsi nella situazione di dover restituire una somma ingentissima.