Il riaccendersi della pandemia sta mettendo ancora più a nudo il rischio di essere di fronte alla perdita del senso di umanità. Una pericolosa “perdita di umanità” che può travolgerci in questa seconda fase di sofferenza e sconforto di fronte alla quale, come in altri momenti della nostra storia, per prima cosa occorrerà resistere, resistere, resistere!
Un imperativo al quale siamo chiamati, innanzitutto, nell'osservanza delle norme e delle indicazioni rigorose e dolorose che limitano anche la nostra libertà, ma che in questo momento risultano essenziali per battere il virus e salvaguardare la salute delle persone.
In seconda battuta, poi, è necessario resistere contro il cinismo di chi continua a ridurre a “normalità fisiologica” il tasso di mortalità di numerosi anziani a causa di condizioni di fragilità dovuta alla malattia, agli acciacchi, all'età: un cinismo che abbiamo già conosciuto a marzo e aprile e che, sinceramente, non avremmo voluto rivedere. Quando sentiamo parlare in questi termini dei nostri “vecchi”, dobbiamo rivendicare con orgoglio e forza che gli anziani non sono solo la memoria del Paese, ma sono anche la contemporaneità, dell'Italia e del sindacato. Una contemporaneità che sta nelle regioni che legano così profondamente in una comunità giovani e anziani i quali, in questi mesi, oltre alla sofferenza dovuta a quanto succedeva intorno a loro, hanno vissuto anche il tempo della dolcezza e della tenerezza verso i figli, i nipoti, gli amici. Sono stati contemporanei perché, insieme a noi, hanno testimoniato il fatto che nel nostro Paese c'è bisogno di sostenere un nuovo patto sociale che ripensi a nuovo modo di vivere. Come ha scritto con grande efficacia Papa Francesco nell' Enciclica “Fratelli Tutti”: “Qualcuno pretendeva di farci credere che bastava la libertà di mercato perché tutto si potesse considerare sicuro. Ma il colpo duro e inaspettato di questa pandemia fuori controllo ha obbligato per forza a pensare agli esseri umani, a tutti, più che al beneficio di alcuni. Oggi possiamo riconoscere che ci siamo nutriti con sogni di splendore e grandezza e abbiamo finito per mangiare distrazione, chiusura, ci siamo ingozzati di connessioni e abbiamo perso il gusto della fraternità”.